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Instagram

Che il 2017 dovesse rappresentare una ventata di innovazioni per i principali social network del mondo lo avevamo capito già da diverso tempo. E, a confermare le buone impressioni della vigilia, sono infatti arrivati nuovi annunci sull’evoluzione intrapresa da Facebook & co., e altri annuncia arriveranno anche nel corso delle prossime settimane.

Instagram conferma l’arrivo degli album

In tal proposito, non possiamo certo dimenticare come, dopo le tante indiscrezioni che qualche settimana fa erano trapelate dalle consuete “voci di corridoio”, ora è arrivato l’annuncio ufficiale tanto atteso dagli appassionati del social network fotografico di proprietà della galassia di Mark Zuckerberg: Instagram rivoluzionerà il proprio stile, permettendo di utilizzare gli album di foto. Ma di cosa si tratta?

Come funzionano i nuovi album

Il funzionamento dei nuovi album è piuttosto semplice e, pare, sarà in grado di avvicinare Instagram al meccanismo alla base di altri social network: gli utenti del social fotografico non saranno infatti più costretti a scegliere un singolo scatto per post, ma potranno scegliere di condividere in un colpo solo fino a 10 foto e video. Naturalmente, quanto sopra non sta certamente a significare che verranno precluse le consuete opportunità di “svago” e di creatività: gli utenti potranno dunque scegliere di modificare, anche con il ricorso ai filtri, singolarmente, mentre la didascalia rimarrà comunque unica per l’intero album di scatti e di video. L’unico formato ammesso sarà inoltre, per il momento, solo quello quadrato.

Quando sarà disponibile la novità

Stando a quanto annunciato, la novità verrà resa gradualmente disponibile con l’aggiornamento dell’applicazione nelle prossime settimane. La disponibilità dovrebbe essere contestuale sia per gli iPhone (dalla versione 10.9 di iOS) sia per gli smartphone Android.

Instagram e Facebook sempre più simili?

Alla luce di quanto sopra, non sono certamente pochi gli analisti che hanno ricordato che con una simile evoluzione Instagram finisce con il somigliare sempre di più a Facebook, che da tempo prevede anche la possibilità di creare album di foto. Il che, si intenda, non è necessariamente un aspetto negativo (anzi): si tratta infatti della risposta a un’esigenza sempre più comune, espressa dalla comunità di utenti del social network, che è oramai una delle piattaforme di maggiore tendenza e sempre essersi definitivamente allontanata dall’iniziale idea di nicchia che aveva consolidato alcune sue funzioni nel tempo.

Sotto tale profilo analitico, dunque, non sorprende assistere a una nuova mutazione di Instagram, che ha da poco introdotto le dirette video in streaming (probabilmente, in risposta a quanto già fornito su Twitter, oltre che dal collega di gruppo Facebook) o ancora all’introduzione delle Storie (come fa Snapchat e da poco anche Facebook). Un cambiamento dietro l’altro che, probabilmente, smarrisce un po’ l’originaria natura di Instagram, ma che sembra essere in grado di attingere le novità più prelibate dai concorrenti e renderle proprie, nello stile unico che continua a contraddistinguere il social network.

E voi che ne pensate? Eravate tra i numerosi utenti che domandava a Instagram l’introduzione degli album fotografici, o fate parte della nicchia di irriducibili che non apprezza tutte queste innovazioni in un social network che ha perso buona parte del suo “sapore” originario?

richkids

Quello dei Richkids è senza dubbio il nuovo fenomeno del web, che sta calamitando migliaia di italiani davanti ai propri computer e smartphone, ansiosi di vedere i nuovi sviluppi dei richkids, che sono ormai i nuovi protagonisti del web. Ci sono i Richkids Cappelli, Richkids Italia, Richkids su Instagram e molti altri ancora.

Ma che cosa sono realmente i Richkids? Scopriamolo insieme.

I Richkids, sono come dice la parola, dei “Ragazzi Ricchi”, più specificatamente delle persone giovani o giovani adulti, viziati a tal punto che si vantano del fatto di essere “fortunati”; orgogliosi di vivere quindi una vita fatta di lusso, e assolutamente non consci del fatto gran parte delle persone, nel mondo, devono lavorare per vivere.

Solitamente, si tratta di figli di personaggi molto ricchi, rampolli di magnati della finanza, imprenditori e così via
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Il luogo dove è possibile trovare più Richkids è Instagram, che pullula di foto di Richkids con macchine lussuose, iPhone d’oro, animali esotici, Ville incredibilmente spaziose, piscine lussureggianti, Yacht chilometrici, banconote da 500 euro come se non ci fosse un domani, e molto altro ancora.

Si tratta dei giovani rampolli del nuovo millennio, che documentano orgogliosamente il loro tenore di vita, con grande ostentazione. È la riprova del “Chi è ricco vive da ricco”, e solitamente contornato dalle eccellenza del Made in Italy, come: Piscine Jacuzzi, Automobili Ferrari e Lamborghini e molto altro.

Il paradosso dei Richkids

I Richkids, sono quindi degli individui alquanto egocentrici, in quanto non smettono mai di rendere “social” la loro ricchezza, buttata via in spese spesso “inutili” e che per un ragazzo/a di 20 anni, non sono certamente la normalità. Gli imprenditori di alto calibro, che guadagnano veramente quello che spendono, come ad esempio Bill Gates o Warren Buffett (ben più ricchi di questi RichKids) non ostentano assolutamente quello che possiedono, anzi, basti pensare che Warren Buffett, il più grande investitore di tutti i tempi, che ha un patrimonio di oltre 70 miliardi di dollari, tutt’oggi abita nella sua unica casa, acquistata nel 1958 per 31,500 dollari.

Questi individui, i #Richkids, se la vediamo da un punto di vista finanziario, hanno un valore intrinseco pari allo zero. Non valgono nulla, l’unica loro ricchezza è il denaro che hanno in mano, adesso valgono tanto, ma domani? Molto probabilmente non ci saranno più, in quanto non sanno il valore delle loro spese. Il loro sembra più che altro, un modo per mettere “pressione” sulle persone meno abbienti (sopratutto dei loro paesi, considerando che spesso e volentieri i Richkids vengono da paesi con grandi disparità, come Russia, Medio Oriente e così via). Quello che traspare dalle loro immagini, è una grande differenza dal vero “Ricco”, che si gode il suo duro lavoro e i suoi guadagni veramente sudati, ma non ci pensa assolutamente ad esibire, non ne ha bisogno. Ma del resto, questi #Richkids sono figli dei cosiddetti “Petrodollari”, che se non fosse per il Petrolio, oggi starebbero a pulire le stalle da noi.

Come disse Andrew Carnegie, 1835, magnate dell’acciao che donò 5 miliardi di dollari ad Università, Biblioteche e laboratori scientifici durante la sua vita, la ricchezza deve essere utilizzata sapientemente:

“La ricchezza in eccesso è una fiducia sacra il cui possessore è tenuto ad amministrare durante la sua vita per il bene della comunità.”.

Bill Gates, l’uomo più ricco del mondo, la vede anche lui in maniera diametralmente opposta rispetto alle famiglie dei Richkids:

“Penso che lasciare ai propri figli grandi quantità di denaro non sia un favore per loro”.

Bill Gates, infatti, lascerà ai suoi figlio “solo” 10 milioni di dollari, pur avendo un patrimonio pari a 72 miliardi di dollari, che verrà ed è tutt’ora devoluto in opere filantropiche.

“I giovani non trovano lavoro perché stanno bene a casa”.

John Philip Jacob Elkann

Un’altra domanda che in molti si stanno facendo su questi #Richkids è: Ma ce l’hanno un lavoro? Molto probabilmente no, vista la loro immensa abbondanza, non hanno bisogno di lavorare, e non hanno nemmeno intenzione di fare alcuna beneficenza con i loro soldi. Sono essenzialmente dei “bamboccioni” con i soldi, e non lo diciamo con invidia, anzi.

Papa Francesco, aveva detto non molto tempo fa al World Economic Forum di Davos, che la crescita dell’uguaglianza Sociale richiede qualcosa in più rispetto alla semplice crescita economica. Richiede prima di tutto che ci sia una visione trascendente della persona. Richiede che ci siano delle decisioni, processi e meccanismi posti alla distribuzione della ricchezza, attraverso la creazione di posti di lavoro e una promozione integrale dei poveri, rispetto alla semplice “assistenza”. Francesco, chiese infatti che l’Umanità dovrebbe essere servita dalla ricchezza, e non dominata.

Basti pensare al fatto che l’85% delle persone più ricche del mondo, possiedono oltre la metà del patrimonio presente in tutto il mondo. 85 persone, possiedono tanto quanto 3.5 miliardi di poveri, e probabilmente questi Richkids fanno proprio parte di quelle famiglie, che sono meno di 100 persone che hanno più soldi di tutta la popolazione terrestre. Pensate che, in Italia, il 10% delle famiglie più ricche, ha la metà della ricchezza di tutto il paese.

Ma come potremo capire, in Italia, un concetto del genere? Del resto, qui siamo ancora nell’epoca del Feudalesimo, e amiamo ammirare i #Richkids in italia e nel mondo che si mostrano in tutto il loro sfarzo sui social network… Va bene così.

Il rapporto degli italiani con i social network

La fiducia degli italiani nelle istituzioni politiche cala sempre di più, lo rilevano tutti i sondaggi e le agenzie specializzate. Non solo, cala inevitabilmente anche il consenso e la fiducia nelle persone. Secondo dati recenti, infatti, solo un amministratore locale su tre si salva e, in particolare, riscuotono un discreto successo solo gli ultimi eletti, sintomo evidente di come gli italiani abbiano bisogno di facce nuove e fresche, soprattutto in politica.

I politici ed i social network in Italia

In Italia la voglia di partecipazione è nata anni fa grazie all’esempio di Beppe Grillo, argomento di cui abbiamo parlato qui che di fatto ha trascinato nel grande calderone un po’ tutti, dalle grandi testate giornalistiche, ai politici fino a noi comuni mortali.

Ed oggi c’è la corsa ad una “finta” comunicazione: ogni politico che si rispetti ormai non può non avere un profilo su Facebook e su Twitter. La televisione,infatti, non è ormai l’unico mezzo di comunicazione di massa utilizzata, anche se gioca e continuerà a giocare il suo ruolo chiave anche in questa campagna elettorale.

Nessuno però riesce ad usare i mezzi di comunicazione del web per lo scopo per cui sono nati, ovvero il “coinvolgimento”. Possiamo dire che in Italia ci sono pochissimi politici in grado di usare in modo costruttivo i social, molti si limitano a segnalare i propri spostamenti o a pubblicare alcuni contenuti del proprio programma. Dov’è dunque l’interazione ?

L’esempio di Obama

obama_twitter

Obama, soprattutto nell’ultima campagna elettorale, ha dimostrato come un uso strategico dei social possa portare ad un grande successo. La sua vittoria non è stata determinata solo dal numero di condivisioni su Twitter o su Facebook ma dal fatto di aver saputo sperimentare delle piattaforme alternative per coinvolgere attivamente le persone.

Non solo dunque promesse e slogan da condividere, ma l’azzeramento delle barriere e di tutte le gerarchie. Oggi chiunque riesca ad abbattere il muro che esiste tra il “noi” ed il “loro” risulta vincente. La tecnologia va usata per semplificare la vita delle persone, forse qualcosa che da noi non è ancora percepito correttamente.

L’esempio più eclatante è stato quello della realtà aumentata: un concetto spiegato bene qui ed applicata alla campagna elettorale di Obama. In pratica è possibile aggiungere degli elementi, come oggetti, al mondo circostante o sensazioni sfruttando i dispositivi mobili come smartphone e tablet e facendo uso di sensori.

In questo video l’idea originale di un video sulla raccolta fondi di Obama utilizzando una tecnologia sviluppata da Blippar

I sostenitori di Obama, inoltre, hanno molto apprezzato il fatto che, durante la campagna elettorale, siano stati realizzati video che mostravano come raggiungere il seggio per votare. Tutto ciò è stato realizzato tramite la realtà aumentata o in maniera divertente, con l’utilizzo di finti presidenti per la raccolta dei fondi.

Il consenso politico di Obama è aumentato, anche grazie ai social perchè i social sono le persone.

E gli italiani come usano i social ?

Il rapporto degli italiani con i social network
Il rapporto degli italiani con i social network

Da noi qualche tentativo è stato fatto. In particolare ci riferiamo all’estate scorsa in cui è stata lanciata una proposta come Unicavox, ovvero un social dedicato alla politica dove è possibile discutere, inviare petizioni e proporre argomenti di interesse.

Tuttavia, da noi forse il modello americano non funziona, forse perchè i social non sono entrati a pieno titolo nella nostra vita quotidiana, come si evince dall’utilizzo che se ne sta facendo anche in questa campagna elettorale.

Gli italiani, infatti, usano Twitter, Instagram e Facebook per pubblicare i propri stati d’umore, insultare qualcuno o comunicare i propri spostamenti. Nel caso in cui a questo utilizzo si aggiunga il seguire alcuni politici o le ultime tendenze, di certo non si pone la giusta attenzione al verificare le fonti o alla possibilità di avere un punto di vista diverso. Nella maggior parte dei casi, infatti, basta re-twittare e linkare il più possibile come dei meri automi, l’importante è postare il più possibile. Siamo arrivati ad un punto tale che non ci interessa più neanche se le notizie siano vere o false, nessuno le verifica più, e ciò ci fa capire che, da questo punto di vista, abbiamo ancora molto da imparare dagli americani.

Non so, dunque, se in questa campagna elettorale qualche candidato riuscirà a mettersi in evidenza aumentando il proprio consenso politico , ma grazie allo scarso livello di alfabetizzazione informatica e alle inefficienze delle tecnologie in Italia, i nostri politici potranno dormire sonni tranquilli.

instagram

Ha fatto notizia, negli ultimi due giorni, la decisione di Instagram di modificare le condizioni di utilizzo del servizio in modo da rendere possibile l’utilizzo delle foto degli utenti per fini commerciali, da parte dell’azienda, senza che agli utenti stessi venga riconosciuto alcun compenso economico. La reazione della rete è stata immediata: una protesta veemente ha attraversato i social network, costringendo infine l’azienda ha fare retromarcia: il management ha, infatti, dichiarati che si sono espressi male e che le foto degli utenti non potranno essere utilizzate e fini commerciali.

instagram

Il costo della tecnologia

Instagram è una startup che in poco tempo è arrivata a 100 milioni di utenti, un fenomeno che ha reso ricchi i fondatori che hanno da poco ceduto la loro start up a Facebook (il quale a sua volta ha battuto sul tempo Twitter, ma questa è un’altra storia).

Gli utenti amano molto il servizio offerto e infatti aumentano giorno dopo giorno, anche perché il servizio è completamente gratuito. E, fatto ancora più strano, è completamente privo di pubblicità. Ma l’azienda ha dei costi, anche piuttosto elevati: ci sono da pagare gli sviluppatori che scrivono e mantengono il software, i server che conservano le immagini degli utenti, la banda per andare su internet. Insomma i costi ci sono e sono anche alti. E vanno pagati da qualcuno. Stiamo parlando di un’azienda, non di un servizio sociale, e quindi Instagram ha l’obiettivo, giustamente, non solo di pagare i suoi costi interni ma anche di fare profitto. Questo spesso gli utenti delle applicazioni internet e dei social network lo dimenticano, pretendendo servizi perfetti, efficienti e soprattutto gratuiti. Ma dalla vita non si può avere tutto: bisogna arrendersi a pagare i servizi che si utilizzano oppure bisogna accettare che ci sia pubblicità.

Di chi sono i nostri contenuti sui social network?

Ma la vicenda Instagram è molto interessante anche per un altro motivo: ha reso noto al grande pubblico un problema che, probabilmente, alcuni esperti di nuove tecnologie avevano segnalato da tempo. Ogni giorno centinaia di milioni di persone utilizzano i social network, i servizi di condivisione, le piattaforme gratuite di blogging, i servizi di condivisione video per caricare contenuti. Molto spesso lo si fa a cuor leggero, anzi per le nuove generazioni caricare una foto su Facebook o un video su Youtube è quasi un riflesso condizionato.

Tuttavia spesso ci si dimentica che nel momento in cui utilizziamo uno qualunque di questi servizi, si accettano delle condizioni di utilizzo. E queste condizioni di solito lasciano ampia facoltà di utilizzo e riutilizzo dei contenuti caricati al gestore del servizio e talvolta persino la proprietà stessa (non è il caso di Instagram).

E’ un fatto legittimo, ho appena detto che un’applicazione internet è costosa da creare e gestire e chi lo fa ha diritto di coprire le sue spese e fare profitto, ma andrebbe compreso a fondo da parte degli utenti. E significa che quando carichiamo una foto su Facebook lo dovremmo fare riflettendoci. Facebook non è nostro, come non è nostro Instagram, non è nostro Youtube, non è nostro Blogger.

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