Content curation: moda o nuova prospettiva?
Internet è una prateria sconfinata, ricchissima di informazioni. Possiamo asserire con certezza che tutto il sapere prodotto dagli uomini nella loro storia millenaria è oggi disponibile a portata di click. Una mole di informazioni spaventosa, che forse neppure gli informatici possono quantificare correttamente e che, soprattutto, molto spesso non è superviosionata nè controllata.
Accedere a questa mole di informazioni è davvero una grandissima opportunità che abbiamo oggi e che ci distingue nettamente dalle precedenti generazioni. Probabilmente è questa una delle più grandi innovazioni di Internet: averci dato tutto il sapere umano a portata di click.
Ma come facciamo ad accedere a tutte queste informazioni? E chi ci assicura che siano corrette?
Il ruolo dei motori di ricerca
Nel panorama attuale, il ruolo centrale è costituito dai motori di ricerca: sono lo strumento che ci consentono di trovare l’informazione giusta al momento giusto e, soprattutto Google, si propone anche di dare un giudizio implicito sulla qualità e affidabilità dell’informazione. Peccato, però, che la qualità dei risultati di ricerca non è eccelsa, malgrado i tentativi dei motori di migliorarla. Soprattutto, i motori non potranno mai classificare in modo davvero affidabile l’informazione di qualità da quella che invece non lo è.
La content curation
Per risolvere l’esigenza di una classificazione e raccolta di informazioni su internet è nata la content curation. Si tratta della raccolta, dell’ordinamento e della condivisione di risorse web considerate utili, interessanti e corrette per un certo tema. In effetti le opportunità offerte da questo nuovo paradigma sono molte e possono rappresentare un utile alternativa ai motori di ricerca per chi vuole approfondire un argomento in maniera precisa e affidabile.
I vantaggi della content curation
La content curation ha, secondo i suoi estimatori, numerosi vantaggi: servirebbe ad eliminare il rumore di fondo dalle informazioni, consentirebbe di bypassare le distorsioni che gli algoritmi dei motori di ricerca producono (spesso mascherate da fantomatici aggiornamenti dell’algoritmo stesso) e consentirebbe quindi di mettere in evidenza anche risorse che i motori di ricerca non offrono agli utenti o che non offrono nelle primissime posizioni, il che è equivalente. Insomma, un modo più approfondito e in qualche modo più maturo per esplorare il web.
Uno dei massimi fautori italiani di content curation è Robin Good, esperto di nuove tecnologie e appassionato divulgatore e formatore. Egli definisce così la content curation:
La content curation è la risposta alla valanga di news, informazioni e contenuti che è in continua crescita e che rende sempre più difficile e complesso il poter rimanere aggiornato su un argomento specifico, senza dover spendere grosse quantità di tempo seguendo molteplici newsletter, siti, blogs, canali di social media e feed RSS.
Secondo Robin, anzi, la curation sarà uno dei pilastri su cui si fonderà l’Internet di domani (e quando parliamo di Internet parlare di domani non è una metafora visto che le evoluzioni sono velocissime) e sarà anche una forma fondamentale di affermazione personale, visto che curare un determinato tema è un modo per affermarsi come esperto proprio di quel settore.
La content curation è moda?
Internet è fatto di mode, mode talvolta effimere talvolta in grado di cambiare per sempre le nostre prospettive. Per fare un esempio concreto, qualcuno si ricorda di Second Life? Qualche anno fa non passava giorno senza che in TV o sui giornali si parlasse di Second Life, evidentemente quella fu una moda passeggera. Allo stesso modo oggi in alcuni ambienti professionali si parla moltissimo di content curation. Quando alcuni mesi fa ne parlai con un esperto SEO (cioè una persona in grado di ottimizzare siti web affinchè ottengano migliori posizioni sui motori di ricerca) mi fece notare che secondo lui si trattava di una moda passegera, peraltro diffusa da Robin Good (sul quale espresse un giudizio molto poco lusinghiero). Ho riportato l’episodio nei dettagli perché è sintomatico: di fatto la content curation si pone come concorrente diretto dei motori di ricerca e dunque per un professionista che dei motori di ricerca vive viene percepita come qualcosa di sostanzialmente inutile. Ad oggi, ovviamente, non possiamo dire se ha ragione Robin Good o se ha ragione il suo sprezzante detrattore: solo il tempo potrà giudicare. Tuttavia voglio aggiungere che Robin Good è senz’altro un professionista validissimo, oltre che un divulgatore che si è già conquistati grandi meriti nel web italiano.
Piattaforme di content curation
Una delle piattaforme di content curation più note al grande pubblico è Pinterest, che è utile soprattutto per fare curation di immagini. Tra i professionisti della curation è molto in voga scoop.it, che consente di organizzare i contenuti in modo graficamente accattivante, utilizzando il modello di magazine e Searcheeze che ha introdotto un’ulteriore innovazione, la content curation collaborativa ma che, proprio ieri, ha dovuto chiudere i battenti visto che l’impresa non era economicamente sostenibile (tra l’altro 25 dipendenti hanno perso il lavoro e un paio di investitori hanno, purtroppo, perso il loro denaro)